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I “Fuori gioco”

I “Fuori gioco”

Tra il 1999 e il 2012, sul giornale della Uila “Il lavoro italiano agroalimentare” Giampiero Sambucini curava la rubrica “Fuori gioco” nella quale, con brevi, ironici (e a volte sarcastici) scritti, raccontava fatti e personaggi della realtà politica e sindacale italiana. Li abbiamo raccolti in questa sezione, divisi per anno di pubblicazione e aggiungendo, in alcuni casi, una nota utile a contestualizzarli.

Le agendine di Natale (30 aprile)

Il presidente dell’Istat, alcune settimane fa, ha ammesso che stipendi, appannaggi e privilegi dei parlamentari sono un mistero insondabile anche per i migliori esperti in materia. Tempo prima, i presidenti di Camera e Senato hanno chiarito a governo e Corte dei conti che dei loro bilanci se occupano solo loro e nessun’altro ci può metter bocca. I segretari amministrativi dei partiti, anche i più improbabili, da sempre ci spiegano come, per rispetto della democrazia, i rimborsi elettorali debbano essere multipli delle spese da rimborsare. Nel frattempo, ogni anno a Natale, onorevoli e senatori si regalano agende e agendine per quasi due milioni di euro (1.600 € a testa). Una goccia nel mare dei privilegi e degli sprechi della politica, si dirà. Un mare, tuttavia, è fatto di gocce, alcune più fastidiose di altre. E, goccia a goccia, lo si dovrà pur svuotare.

La tragica farsa italiana (29 settembre)

Il 20 settembre 2011, Standard & Poor's taglia il rating italiano da A+ ad A a causa dell'indebolimento delle prospettive di crescita e dell'incertezza del contesto politico.
Non è facile e neppure di buon gusto ironizzare sull’economia mondiale ripiegata su sé stessa e sulla finanza globale che contro sé stessa si ritorce, sulla schizofrenia delle borse e sui paesi a rischio fallimento. Ma in ogni tragedia c’è un po’ di farsa e l’Italia, nella più tragica crisi degli ultimi 100 anni, ha messo in scena la sua grottesca farsa politica. La cui trama scorre sul filo del pettegolezzo al bar e sui quotidiani, la sceneggiatura si nutre di indiscrezioni pruriginose e di sbirciatine dal buco della serratura, lo scenario si sposta dai festini in villa ai palazzi del potere, i personaggi sono lenoni di circostanza, donnine accondiscendenti e galantuomini ben disposti ad accondiscendere. La commedia oscura il dramma e, nel cono d’ombra dello sdegno per i vizi privati, prosperano corrotti eccellenti e corruttori di professione. Gli italiani, spettatori della farsa, della tragedia rischiano di essere le vittime se non si sbrigano a cambiare lo spettacolo in cartellone, attori, registi e comparse.

Ha vinto Lactalis (14 luglio)

Dopo il fallimento nel 2003 e il risanamento ad opera del Commissario straordinario Enrico Bondi, la proprietà della Parmalat passa nelle mani del colosso francese Lactalis, destando grande scalpore nel paese.
Lactalis da qualche giorno controlla l’83,3% del capitale Parmalat. “C’ha messo li sordi, no ‘e chiacchiere” direbbe un amico romano. Una grande azienda è diventata di proprietà di un’altra grande azienda come avviene in ogni parte del mondo. La Uila per prima, qualche mese fa, indicò questo scenario come l’approdo più adeguato per Parmalat e le migliaia di lavoratori che vi operano in tutto il mondo. “Ha vinto il mercato” ha detto qualcun altro. “Si, ma il mercato poteva anche perdere” aggiungiamo noi, se avesse vinto il partito dell’italianità a prescindere o il partito di chi voleva, magari per decreto, difendere settori considerati strategici. E allora questo “Fuorigioco” lo dedichiamo a Lactalis e ai lavoratori che in questa azienda saranno occupati. A Lactalis perché possa con questa integrazione aumentare i propri guadagni; ai lavoratori che, anche grazie alla nostra azione, vedranno una parte di quei guadagni finire nelle loro tasche.

Sindacati e ideologie (10 febbraio)

Il 14 gennaio i lavoratori di Mirafiori approvano, a maggioranza, un accordo sottoscritto nel dicembre 2010, senza la Fiom, sul futuro dello stabilimento. In risposta la Fiom convoca uno sciopero generale che si svolge il 28 gennaio.
Il confronto nel sindacato - riguardi la struttura della contrattazione o gli accordi di Mirafiori e Pomigliano d’Arco, con tutto quel che del genere è avvenuto da gennaio 2009 in poi - sempre più scivola dal solido terreno del merito alle rarefatte paludi dell’ideologia. Ideologiche sono state, non a caso, le parole d’ordine e le inconfessate intenzioni dello sciopero della Fiom del 28 gennaio scorso. Eppure, il sindacato più di chiunque altro dovrebbe tenersi lontano dalle ideologie, imitazioni bastarde e lascive delle idee. Bastarde, perché solitamente concepite nei vicoli oscuri e negli angoli sordidi della storia. Lascive, perché disposte ad accoppiarsi ad ogni mostro il sonno della ragione generi. Il sindacato che vive con e delle ideologie di turno, prima o poi muore con loro, senza eredi, né rimpianti.

Nostalgia del femminismo (17 novembre)

Ai primi di novembre sui media escono nuove indiscrezioni su festini a sfondo sessuale in cui sarebbe coinvolto il presidente del Consiglio in carica.
Una quarantina di anni or sono il femminismo irruppe alla ribalta mondiale, urlando parole d’ordine, bruciando reggiseni, evocando il ritorno delle streghe. Non tutti, forse pochi, trovavano simpatico quel femminismo tanto strillato e gradevoli quelle femministe così arrabbiate. Le cronache del tempo ci misero del loro, amplificando le urla dell’uno, esasperando la rabbia delle altre, volentieri tacendo di quanto all’uno e alle altre debbono tuttora entrambi le metà del cielo. I cronisti di oggi, invece, trattano generosamente di “escort” e di “veline”, di ex belle figliole e di ragazzine per ora avvenenti, di mogli accantonate e delle loro sostitute in servizio attivo. Quasi a farne le femministe di successo del terzo millennio. Speriamo di no, non vorremmo dover rimpiangere quelle del secolo passato.

Calciatori in sciopero (23 settembre)

L’Assocalciatori proclama uno sciopero di tutti i tesserati per il 25-26 settembre contro l’introduzione di un nuovo regime contrattuale.
Le scorse settimane è stato solo evocato (si ha pudore a dire minacciato), lo “sciopero dei calciatori”, per incerte ragioni normative e per molto più intuibili motivi economici. Non si vuole cedere alla demagogia di chi potrebbe ricordare che molti “lavoratori del pallone” guadagnano quanto una media impresa o che la “panchina” di vari grandi club vale più del bilancio di molti paesi del Terzo Mondo. Il calcio è uno sport bellissimo, ma è anche diventato, sempre più, un grande show planetario, che muove le emozioni e smuove le passioni (talora anche troppo) di milioni di tifosi. E che fa girare fiumi di denaro, di cui i giocatori reclamano, non a torto, la loro parte. Ma lo facciano, per favore, senza disturbare lo “sciopero”, che con lo spettacolo nulla ha a che vedere.

Nuvola grigia e marea nera (10 giugno)

I rappresentanti di 200 nazioni si riuniscono a Bonn a fine maggio per discutere dei cambiamenti climatici, senza raggiungere alcun risultato.
Se guardi troppo a lungo nell’abisso, avvertiva Friederich Nietzsche, l’abisso guarderà te. Noi tutti guardiamo da troppo tempo, con incosciente cupidigia nell’abisso delle esauste risorse del nostro pianeta. Ci scaviamo dentro, consumiamo l’inconsumabile, ne devastiamo gli equilibri, corrompiamo l’aria con i nostri fumi, avveleniamo le acque con i nostri scarichi, intossichiamo la terra con i nostri rifiuti. E l’abisso sta guardando noi. Ci rigurgita in faccia il suo petrolio, ritira le sue foreste e avanza i suoi deserti, ora inonda e ora inaridisce, scatena uragani e arroventa il clima, si scuote nello schianto dei terremoti e urla col boato dei vulcani. È tempo di distogliere lo sguardo dall’abisso, è tempo che noi tutti si smetta di consumare il pianeta, prima che il pianeta consumi tutti noi.

Elezioni all’amatriciana (18 marzo)

A Roma, il PDL non riesce a presentare, entro i termini orari previsti, le liste per le imminenti elezioni regionali.
È forte la tentazione di infierire sulle liste del Pdl che a Roma appaiono e scompaiono, presentate o forse no, e forse riammesse. È troppo ghiotta la commedia degli errori e degli orrori in cui si maneggiano scatoloni di firme senza saperli maneggiare, in cui i diritti sovrani del “popolo elettore” dipendono da un panino ingozzato in fretta o da un nome aggiunto o cancellato ancor più di corsa.
Il tutto condito da timbri tondi e quadri, da firme tirate al ciclostile, da personaggi di cui qualsiasi autore disconoscerebbe la paternità. Con la regia di un Berlusconi preoccupato, che forse sogghigna sotto i baffi che non ha, e di un Bersani che sotto il sogghigno forse nasconde le sue preoccupazioni.
A far da sfondo una Bonino che nessun sciopero della fame riesce a rabbonire e una Polverini in sempre minor spolvero, entrambe rassegnate allo “tsunami degli eventi”, sul cui esito sarà comunque il caso di ridere, se non altro per non dover piangere.

Partiti democratici (12 novembre)

In ottobre Pierluigi Bersani viene eletto alla guida del Partito Democratico mentre negli USA a un anno dalla elezione di Barak Obama alla presidenza, il Partito Democratico americano mostra segni di cedimento.
Un anno fa Barack Obama è diventato presidente degli Stati uniti, all’insegna dello “Yes, we can”. Martedì 3 novembre il partito democratico americano ha perso, rovinosamente, a quanto dicono i commentatori, un delicato test elettorale, un paio di governatori e sembra assai preoccupato per le ben più decisive elezioni “di mezzo termine” del 2010. Il partito democratico italiano ha sempre guardato con entusiasmo, speranza e, forse, con un pizzico d’invidia, ai successi dell’omonimo partito d’oltre oceano. Ha parlato inglese, in due anni ha perso le elezioni politiche e quelle europee e non sembra godere del favore del pronostico per le regionali della prossima primavera. Ora ha un nuovo segretario, il terzo nel giro di tre anni e di due elezioni, al quale auguriamo buon lavoro. E al quale sommessamente suggeriamo, se non altro per scaramanzia, di non rivolgersi in inglese a elettori che votano in italiano e sempre più spesso in dialetto.

Appuntamenti d’autunno (3 settembre)

Si avvicina il 4° Congresso nazionale della Uila.
Le vacanze sono agli sgoccioli, l’autunno incombe, l’estate sembra trascorsa invano.
Gli appuntamenti inevasi a primavera, inevasi sembrano volerci accompagnare all’inverno.
Franceschini e Bersani, con Marino a far da sfondo, continuano a litigarsi una segreteria del PD che, probabilmente, nemmeno ne vale la pena. Berlusconi, tra un supposto festino e l’altro, continua a fingere di avere una maggioranza compatta e di governare. Chi a primavera scrutava sotto le lenzuola altrui continua a farlo e qualcun altro comincia a scrutare sotto le sue. La crisi, tra gli alti e bassi, continua a seminare povertà e disoccupazione e non è detto che il peggio sia davvero passato.
Degli altrui appuntamenti non possiamo rispondere, ma solo al più lamentarci. Ai nostri, con i rinnovi contrattuali di autunno e con il 4° Congresso della Uila, saremo puntuali.

Tanti auguri Pasquale! (14 maggio)

Pasquale Papiccio, segretario nazionale Uila, collega e amico di Giampiero, compie 70 anni. A lui Giampiero decide di dedicare un suo “furogioco”.
14 maggio, tanti auguri per te! Per un uomo speciale in un anno speciale. Per un compagno, nel senso antico di condivisione e di lotta per il bene comune. Per un amico sul quale puoi sempre contare. Per un sindacalista. Si, un sindacalista di quelli che sanno sempre ascoltare, di quelli che pensano che le risposte si trovino insieme e che il confronto sia sempre la via maestra, di quelli che non si tirano mai indietro per difendere e affermare la dignità della vita e il diritto al lavoro di donne e uomini. Con lui non smetti mai di credere che i sogni si possano realizzare. È uno di noi, è uno della Uila. Buon compleanno Pasquale Papiccio!

Gli alberi di Alemanno (31 marzo) (Fabrizio)

Da qualche giorno i muri della capitale sono tappezzati da manifesti, a firma del “comitato Roma rinasce” che recitano: “Castel S. Angelo abbiamo potato 163 lecci dopo 10 anni”, “Lungotevere, 110 robinie potate dopo 12 anni”, e così via per la città per un totale di “5.500 potature in un mese”. Una “geniale” campagna promozionale del sindaco Gianni Alemanno per un’azione realmente svolta dal comune, che ha però suscitato dubbi e perplessità su Internet. Non sappiamo con quali soldi siano stati fatti quei manifesti e ci auguriamo che le cifre degli alberi potati siano esatti. Ma un dubbio ci assale… Ve lo immaginate il sindaco di Parigi che fa affiggere (lui o i suoi sostenitori) dei manifesti in cui informa la popolazione: “ho pulito le strade”, “curo i parchi pubblici”, “riparo le buche stradali” o addirittura che “gli autobus camminano e le scuole funzionano”. Povera Italia: fare il proprio dovere non è una normalità ma una notizia da propagandare.

Obama là, Obama qui (5 febbraio)

Ancora per pochi giorni (verrà sostituito il 21 febbraio da Dario Franceschini) Valter Veltroni, grande sostenitore di Barak Obama, è alla guida del Partito democratico in Italia.
Obama, ormai nella pienezza dei poteri, si è già dato un gran daffare: ha teso la mano al mondo islamico, ha fatto infuriare gli antiabortisti di casa sua, prova a riappacificarsi con Putin e a mettere pace tra israeliani e palestinesi, ha chiesto al Congresso un mare di dollari per la malandata economia americana, vuole ritirare i soldati dall’Iraq, mandare più truppe in Afghanistan e chiudere il carcere di Guantanamo. “Vasto programma”, avrebbe commentato il generale De Gaulle. L’aspirante Obama italiano, ancora alla guida del PD malgrado le ultime sconfitte elettorali, sta provando a mettere ordine in Campania, a riportare nei ranghi il riottoso Di Pietro, a ricondurre a “ragion di partito” i “prodiani del dissenso” e i “subdoli dalemiani”. Con esiti che, meglio di De Gaulle, potrebbe commentare Totò con “quisquilie e pinzillacchere”.

Precarietà al potere (23 ottobre)

Dopo 8 anni di presidenza Bush, gli Stati Uniti si accingono a eleggere un nuovo presidente. La contesa è tra Barak Obama (democratico) e John McCain (repubblicano)
C’è precarietà e precarietà. Anni fa, in America, ad un ultracinquantenne, privo di stabile occupazione e con genitori anziani, fu offerto un contratto “atipico” di 4 anni, rinnovabile una sola volta e solo per altri 4 anni. Accettò, si trasferì alla Casa Bianca e per 8 anni, nel bene e nel male, ha governato gli Stati Uniti e messo bocca negli affari di buona parte del resto del mondo. Tra poco quel posto di lavoro precario sarà vacante e ad ottenerlo aspirano due appartenenti a “categorie svantaggiate”: un uomo di colore e un ex combattente ultrasettantenne. Entrambi, pensiamo, invidiosi dei loro meno precari colleghi d’oltre oceano con contratto settennale e un vitalizio assicurato alla scadenza.

Fiammelle del vecchio millennio (2 ottobre)

Chi scrive ebbe a ragionare, a inizio estate, con un ex-sindacalista “sessantottino”, a quei tempi primo su ogni barricata, indomito condottiero di cortei interni e organizzatore di scioperi selvaggi, fiero oppositore di ogni cedimento al riformismo. Ragionammo dei nuovi sindacalisti d’assalto che, quarant’anni dopo la contestazione permanente, ancora contestano e continuano a vedere nei “padroni” gli affamatori del popolo, in qualunque governo il “servo delle multinazionali” e in ogni accordo sindacale un tradimento della classe operaia. Mentre mi chiedevo come possano idee, un tempo immeritatamente grandi, abitare ancora in teste sempre più piccole, una fulminante considerazione del mio amico rispose al mio dubbio: “sai - mi disse - noi ci saremo anche illusi di essere la prima scintilla del nuovo millennio, ma questi sono davvero l’ultima fiammella del vecchio”.

Amenità confindustriali (3 luglio)

Nel giugno 2008 si riunisce a Santa Margherita ligure l’assemblea dei giovani di Confindustria.
I giovani turchi di Kemal Ataturk pretesero la trasformazione dell’Impero Ottomano in uno stato laico e moderno. I giovani industriali di Federica Guidi pretendono di trasformare i contratti collettivi in infiniti e variegati contratti individuali, “tagliati su misura” per ciascun lavoratore. Verrebbe da dire, se li prendessimo sul serio, “accomodatevi”! Aspetteremo seduti che convincano ogni operaio e impiegato a contrattare del loro lavoro “ognun per sé e il padrone per tutti”.
La storia non scorrerà all’indietro, per giovani che siano, quanti pretendano di investirne il corso e non tornerà all’archeologia industriale delle “ferriere”. Il diritto a contrattare collettivamente consente al “libero sindacato” di operare e alle “libere imprese” di esistere. Permettendo, perciò, ai rampolli di chi le ha create di raccogliersi a convegno e di aggiungere le loro amenità a quelle della riviera ligure.

Le elezioni di Meo Patacca (17 maggio)

Nelle elezioni comunali a Roma vince Gianni Alemanno (centro destra) che diventa sindaco, contro Francesco Rutelli (centro sinistra).
Sulle recenti elezioni politiche nazionali e poi su quelle comunali di Roma nulla ci sarebbe da dire, che non sia stato già detto, ripetuto e ribadito. Eppure, tanto ancora se ne parla e ne parlano soprattutto gli sconfitti dell’uno e dell’altro disastro elettorale. Quasi sempre per annunciare di avere, si perso, ma “non proprio e non del tutto” e, in ogni caso, “per colpa del nemico” o per colpa, più nostalgicamente, della “nazione in agguato”. Nessuno, quindi ha sbagliato strategia, o semplicemente campagna elettorale, nessuno a Roma ha scelto il candidato sindaco sbagliato. Tutti invece, ad autoassolversi e auto-consolarsi come Meo Patacca, il “bullo” romano d’altri tempi che, dopo aver preso il consueto “fracco di botte”, orgogliosamente era solito annunciare: “me ne hanno date tante, ma quante gliene ho dette!”.

Alitalia e le elezioni (3 aprile)

Nella campagna elettorale per le imminenti elezioni politiche, che sanciranno la vittoria del centro destra, entra il tema della crisi di Alitalia.
La campagna elettorale si è a lungo trascinata tra promesse generiche e contrapposte, luoghi comuni sul meglio da farsi e sul peggio che altri hanno fatto e farebbero, programmi più banali che fantasiosi, il reciproco rinfacciarsi candidature impresentabili. In questa palude un po’ rabbiosa e noiosa sono annegati i salari che non arrivano alla quarta settimana e le pensioni che finiscono alla terza, il lavoro che manca e, se c’è, è precario, le tasse che aumentano e i servizi pubblici che peggiorano, i conti dello Stato risanati o no. Finché, la vendita di Alitalia ha ravvivato il clima, con acquirenti che per ora ci sono, che sembra non ci siano più, che forse ci saranno. A Roma si narra della “sora Camilla, che tutti la vogliono e nessuno se la piglia”. Camilla finì zitella; Alitalia rischia di finire peggio, nelle mani della impensabile cordata Berlusconi-Bertinotti.

Sventurata la terra… (7 febbraio)

La caduta del governo Prodi, affossato dall’Udeur di Clemente Mastella apre una profonda crisi nel paese e il ritorno a elezioni anticipate.
“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi” recitava un’opera di Bertolt Brecht. Ancor più sventurata l’Italia di oggi che, non disponendone, deve sostituirli con i senatori a vita, con magistrati inquirenti e inquisiti, con i partitini che non crescono e si moltiplicano. Nel frattempo, la Campania affonda nella spazzatura, la famiglia Mastella affonda il governo, tasse, prezzi e tariffe affondano le buste paga. Quando tracollano all’unisono le borse, la fiducia dei cittadini e la pazienza degli italiani, qualche eroe, anche di seconda scelta, verrebbe buono. Non pretendiamo un Lenin che, conquistato il palazzo d’inverno, ci indichi il “che fare”. Ma non sappiamo che farcene di un Prodi che non ce l’ha fatta, di un Marini che non ce la farà, di un Veltroni alla ricerca del da farsi e di un Berlusconi sicurissimo nel fatto suo. Alla prova dei fatti nessuno ha mai fatto meglio degli altri.

Domenica, maledetta domenica (14 novembre)

L’11 novembre 2007 in un casello autostradale presso Arezzo, perse la vita Gabriele Sandri, tifoso laziale in trasferta, colpito da un proiettile sparato da un agente di polizia.
Un agente della polizia stradale ha ucciso, per errore, un ragazzo di 28 anni. Da questo incredibile dramma ancora tutto da approfondire nelle sue dinamiche, è partita una catena di errori altrettanto tragica nella quale i media hanno responsabilità gravissime. La scelta di trasformare un evento di cronaca nera nell’ennesima violenza riconducibile al mondo del calcio ha infatti dato il via a una serie di violenze da parte dei soliti teppisti. L’agente che ha ucciso va processato, i teppisti, peraltro noti, andrebbero arrestati; una parola però su chi ha scatenato i disordini di domenica 11 novembre va detta. Dirette televisive, radio più o meno libere, siti internet hanno per ore accreditato e rilanciato un racconto falso di quanto avvenuto, armando la mano ai guerrieri della domenica. Non arriveranno mai, ma le scuse di tanti giornalisti, anch’essi della domenica, sarebbero gradite.

Beppe Grillo a molti le dà e a molti più le promette (4 ottobre)

Nel settembre 2007 si svolge a Bologna e in altre città il V-Day (abbreviazione di Vaffanculo-Day), un'iniziativa politica promossa dal comico Beppe Grillo.
Ne ha date soprattutto ai partiti e agli esponenti politici che da qualche decennio lo assecondano, lo coccolano e lo applaudono. Ben gli sta, verrebbe da dire, così imparano a battere le mani a chi gratuitamente e pubblicamente tratta da ladro, se non peggio, il loro avversario politico del momento. Questa politica dell’applauso fatalmente conduce, in nome di altri applausi, ad esser trattati a propria volta da ladri o peggio e, per di più, a dover applaudire. E, c’è da scommettere, nemmeno finirà con gli insulti a D’Alema e a Fassino in piena festa dell’Unità e tra un pubblico di insultati plaudenti. Ce ne sarà per tutti, a destra e a sinistra, a torto e a più torto ancora, nel male e nell’ancor peggio. Almeno finché insulti a dozzina e applausi all’ingrosso siano finalmente sepolti da una sonora, salutare, corale, definitiva bordata di sacrosanti fischi.

Veltroni for president (12 luglio)

Valter Veltroni presenta la sua candidatura a segretario del partito democratico il 27 giugno in un discorso al Lingotto di Torino. Sarà formalmente eletto nelle “primarie” in ottobre.
Veltroni, dopo il suo discorso di investitura a Torino, è diventato un po’ come Garibaldi; di lui nessun Tecoppa si azzarda a dir male. Tutti a lodarlo e a incoraggiarlo, a sinistra e persino a destra. Nessuno sa quanto sinceramente gli uni e con quanta preoccupazione gli altri. Le “primarie” del Partito democratico sono state in suo onore scontate da 3 a 1 euro, fioriscono liste e listarelle, tutte “per Veltroni”. Anche quelle dei suoi meno amichevoli concorrenti. Tutti sul carro del vincitore, si direbbe, ma i passeggeri non sono tutti eguali. Più di qualcuno fa da zavorra, qualcun altro sgomita per un posticino in prima fila, altri ancora stanno lì perché “non si sa mai”. Tra le stanghe, a tirare, nessuno o quasi. Veltroni, dal canto suo e da par suo, agli italiani che vivono l’incubo di tasse e scaloni, di promesse elettorali in cavalleria e di un governo in disaccordo su tutto e con tutto, offre un sogno ad occhi aperti. Un sogno dal quale non si sa mai come svegliarsi.

Il tesoretto e la divina commedia (10 maggio)

ll governo Prodi ha individuato un cosiddetto "tesoretto" (circa 3 miliardi di euro) derivante dall’extragettito derivante dalle maggiori entrate fiscali da utilizzare nella legge finanziaria 2007.
Il “Tesoretto” è l’opera cui Brunetto Latini, poeta e dotto letterato del ‘200, ha legato il suo nome e la sua fama. Dante Alighieri lo incontra all’Inferno, dannato tra i sodomiti, costretto a vagare in eterno, senza mai fermarsi, chino sotto una pioggia di fuoco, a monito dei rischi cui si espone chi, con i “tesoretti” di ogni sorta, predica bene e razzola male, elargisce virtuosi consigli e fornisce pessimi esempi. Stia accorto Prodi, che del suo “tesoretto” predica a lavoratori e pensionati, a giovani in cerca di lavoro e a meno giovani che il lavoro non hanno più, ma razzola con cordate bancarie, altrui imprese telefoniche e riforme di là da venire. Pensionati e lavoratori dalle cui tasche il “tesoretto governativo” è soprattutto uscito, rischiano la fine di don Falcuccio: una mano a coprir davanti e l’altra dietro. Ma Prodi rischia di finire come ser Brunetto: all’inferno, condannato a piegar le spalle e costretto a guardarsi le terga.

Diritto alla privacy e politica (29 marzo)

Nel mese di marzo scoppia uno scandalo mediatico a seguito della pubblicazione di intercettazioni che mettono in difficoltà alcuni esponenti politici italiani.
Il “diritto alla privacy” è tema di alterna importanza. Per anni lo si esercita a suon di inutili firme su inutili moduli, mentre in cronaca finiscono le più intime e pruriginose vicende di veline e calciatori, banchieri, rampolli della grande industria, “furbetti” di periferia e relative consorti, reali senza regno e senza ritegno. Per il lucro e il godimento di paparazzi, procacciatori di scandali e di vallette, faccendieri e manutengoli di ogni risma. Finché dal colabrodo delle intercettazioni e del segreto istruttorio non spunta il nome di un rappresentante della patria politica. E allora tutti giù a invocare leggi e sanzioni, tutti ad accreditare congiure e complotti. Il diritto a tener per sé i fatti propri senza rilevanza giudiziaria è cosa seria e meriterebbe più serietà. Nell’altrui spazzatura nessuno dovrebbe rovistare, né in quella della moglie, né in quella dell’amichetta di Cesare. Ma in ogni caso, l’ultimo a lamentarsene dovrebbe essere proprio Cesare.

Non c’è Pacs nell’ulivo (15 febbraio)

L’8 febbraio il consiglio dei ministri approva un disegno di legge su diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi, mai entrato in vigore.
Sulle unioni di fatto, Palazzo Chigi ha partorito, più che un progetto di legge, un argomento di conversazione. In consiglio, tra ministri che escono e entrano, non si è in realtà discusso, ma solo conversato allegramente, dell’opera del duo Bindi-Pollastrini, ora per giudicarla una inaccettabile imitazione del vero e proprio matrimonio, ora per condannarla in quanto eccessivamente diversa. E tanti, forse troppi, continueranno a conversarne, in televisione e sui giornali, nelle radio più e meno libere come nei più variopinti circoli e, temiamo, anche al bar e nelle riunioni di condominio. Tutti egualmente convinti che, alla fine, l’argomento annegherà in un mare di distinguo, di specifici casi morali e di coscienza, fra dissidenze parallele e più o meno trasversali convergenze. E, di tanto conversare, alla fine, si farà poco o niente perché, per rasserenare un Ulivo che non trova Pacs, il governo sembra prudentemente ripiegare sul “qui lo Dico e qui lo nego”.

Umana solidarietà al ministro Padoa Schioppa (8 novembre)

In autunno, il governo Prodi vara una manovra finanziaria da 30 miliardi euro.
Umana solidarietà al ministro Tommaso Padoa Schioppa, del quale ci commuove la solerzia nel cantare di crescita e risanamento mentre gli mettono sulle spalle croci a ripetizione. Il suo vice-ministro rimescola aliquote Irpef, ridistribuisce ad altri il Tfr dei lavoratori, scrosta dal fondo del barile aumenti di accise, tasse di registro e successione, studi di settore. E Tommaso canta di minor debito pubblico. Il ministro alle attività produttive si azzuffa con tassisti e artigiani e litiga con gli imprenditori. E Tommaso canta di sviluppo economico. Membri del governo e segretari di partito della maggioranza ogni giorno si smentiscono a vicenda sulle pensioni da riformare, su dove far passare la Tav, sulle nostre truppe in giro per il mondo. E Tommaso canta le magnifiche sorti dell’Italia “risanata”. Ma la stampa internazionale lo considera ultimo tra i ministri economici europei. Brutta notizia, in un brutto momento e con una brutta finanziaria. Difficile metter tutto in musica ma Tommaso terrà duro, la rivincita è dietro l’angolo: ha da venì Sanremo!

La prossima volta... con la molletta sul naso (22 settembre)

Scoppia lo scandalo delle intercettazioni telefoniche che coinvolge la Telecom e l'ex presidente Tronchetti Provera.
In tempi di intercettazioni, a telefonare si rischia molto. Rischiano i segretari di partito che telefonano ai banchieri e i banchieri che al telefono parlano di banchieri con altri banchieri. Rischiano i reali senza regno, né ritegno, che per telefono, e tirando sul prezzo, prenotano serate e donnine allegre; rischiò a suo tempo l’eterno erede alla corona d’Inghilterra, telefonando delle attempate intimità con l’attempata e allor segreta fidanzata. A intercettare poi i potenti del pallone si è scoperto che, come in ogni bar dello sport da sempre è risaputo, si vincono più partite e scudetti con gli arbitri amici che con i buoni giocatori. Solo tra la presidenza del consiglio del nostro bel paese e Telecom si rischiano più dimissioni a scrivere, che non a telefonare. Un suggerimento: per la prossima volta: telefono pubblico, contraffare la voce magari con una molletta sul naso e, se proprio scappa di scrivere: lettere anonime e inchiostro simpatico.

Chi rimonta, chi monta e chi smonta (5 maggio)

Le elezioni in aprile certificano un paese “spaccato” in due e segnano la nascita del secondo governo Prodi (2006-2008).
Chi rimonta, chi monta e chi smonta: nella serata e poi nella notte del 10 aprile la ormai ex maggioranza si è compiaciuta, e alla fine quasi accontentata, della rimonta elettorale conseguita rispetto alle previsioni della vigilia e agli “exit poll” di qualche ore prima; nei giorni successivi alcuni esponenti di minor rango dello schieramento vincente sono montati in cattedra parlando di tutto e montandosi la testa nel disegnare organigrammi istituzionali e di governo, naturalmente ritagliando per sé stessi la maggiore e migliore parte della pietanza da portare a tavola ma ancora tutta da cucinare. Subito dopo al senato una piccola ma decisiva pattuglia di neoeletti con vistosi problemi di ortografia, si è ingegnata e per un pelo non è riuscita a smontare, assieme alla serietà rivendicata dal leader dello schieramento vincente, il futuro stesso della legislatura. Non c’è che dire è davvero una bella catena di montaggio.

Non servono venti favorevoli al marinaio che non sa dove andare (3 marzo 2006)

Il programma politico del centro sinistra per il settore agricolo non parla di lavoro. La Uila protesta.
L’Unione dei democratici presenta il programma agricolo e nella relazione che lo illustra non viene spesa neppure una parola sul lavoro dipendente. Alla Uila che dichiara alla stampa sorpresa e incredulità per questa lacuna viene fatto notare che, a leggere bene, qualche riga sul rispetto dei diritti dei lavoratori nel programma c’è. Per carità, nessuna voglia di fare polemica e l’impegno a una rilettura più attenta del programma. Anche se non spiegare, nella relazione, che un terzo della produzione agricola viene dal lavoro nero e irregolare per 10 miliardi di euro, il 37% del Pil agricolo nel 2003 (+8% rispetto al 1992), non aiuta quel processo di riforma del settore fondato sulla qualità e la trasparenza che l’Unione dichiara di voler attuare. Sarà forse per questo motivo che torna spontanea alla mente una frase di Seneca: «A nulla servono i venti più favorevoli se il marinaio non sa dove andare».

Costi della politica, siamo alle solite (13 ottobre)

Il governo Berlusconi vara la legge finanziaria per il 2006.
Un governo che dichiara di voler tagliare del 10% le retribuzioni dei parlamentari attraverso la nuova Finanziaria induce sempre ad ammirazione e stima. Non si sa bene perché ma l’idea che in una situazione di crisi economica anche gli eletti siano chiamati a ridurre il loro tenore di vita fa piacere. La propaganda del governo che spiega che la finanziaria riduce i costi della politica dà ancora più soddisfazione. Ma la soddisfazione e il piacere si trasformano prima in perplessità e poi nella certezza di essere presi in giro quando si scopre, nelle pieghe della stessa legge, un aumento di oltre 39 milioni di euro per i cosiddetti rimborsi elettorali ai partiti. Il taglio del 10% delle retribuzioni dei parlamentari vale 23,4 milioni di euro e dunque i contribuenti italiani non risparmieranno ma pagheranno di più. Siamo alle solite. Ancora una volta il presidente del consiglio e il ministro del tesoro predicano bene ma razzolano male.

Senza una politica economica, il Dpef è inutile (19 luglio)

Il governo Berlusconi prepara il documento di programmazione economico finanziaria (Dpef).
Molti esponenti politici e parlamentari della maggioranza ritengono inutile la presentazione del documento di programmazione economico finanziaria (Dpef) da parte del governo. E, in questi giorni i commenti che girano su questo argomento vanno tutti in questo senso. C’è chi parla di «mero esercizio stilistico». Qualcuno arriva, addirittura, a spiegare che «il quadro macroeconomico muta talmente in fretta che le stime fatte a giugno sono già vecchie a settembre». In tutta sincerità ci sentiamo, in questo caso, di concordare con i parlamentari della maggioranza. Nelle precedenti legislature il Dpef impegnava il paese al rispetto dei tassi di inflazione programmati e a questi tassi rapportava tariffe e prezzi amministrati; impegnava il paese alla riduzione del deficit, all’abbattimento del debito pubblico e ad investimenti definiti. Oggi che il governo non ha una politica economica il Dpef è, in realtà, completamente inutile.

Il non voto unisce furbetti e indifferenti (7 giugno)

In giugno si svolge il referendum sulla procreazione assistita che non raggiungerà il quorum.
In questa pagina troverete l’indicazione data dalla Uil ed alla quale la Uila si associa, di votare Sì ai quattro referendum sulla fecondazione assistita. È una indicazione, una proposta chiara ma che, si badi bene, vuole essere assolutamente rispettosa di chi invece deciderà di votare per il No. Quello che ci sembra invece un po’ meno accettabile è l’indicazione, data anche da importanti esponenti delle istituzioni e propagandata con manifesti per le strade, di non andare a votare. Se si pensa di dover difendere dei valori morali è giusto farlo con un No o con un Si; il non voto, più facile e furbetto si aggiungerà invece ai numerosi indifferenti e rischia di non consentire il raggiungimento del quorum. Si dirà: è un calcolo politico del partito dei «difensori della vita»; certo ma almeno una volta e su temi come questo il calcolo politico potremmo lasciarlo a casa per andare a votare in piena libertà di coscienza per il Sì o per il No.

Spesa pubblica, l'Italia è in fuorigioco (21 aprile)

In uno studio, la Confesercenti individua 43 miliardi di spesa pubblica “sprecata”
Siamo ormai tutti convinti che siano ormai pochi gli sprechi da eliminare ma una recente indagine della Confesercenti mostra come sono ancora tanti i soldi pubblici spesi malamente: oltre 43 miliardi di euro accertati in un anno, più del doppio della finanziaria. La città di Prato stanzia 60.000 euro per tutelare i propri pipistrelli, la regione Campania finanzia corsi per veline, il Veneto, dove si paga il ticket sulle ricette, rimborsa integralmente il costo del Viagra ai cittadini, per non parlare di ospedali, asili nido e centri per anziani costruiti e mai utilizzati. Per spese inutili brilla anche il governo: palazzo Chigi ha speso 6 milioni di euro per sondare i cittadini sulla sua politica economica; e dire che in proposito sarebbe bastato leggere il nostro giornale. Ma questo spazio è da sempre dedicato al fuori gioco e i pochi ma affezionati lettori si chiederanno chi è finito questo mese oltre la linea dell’out: purtroppo è l’Italia.

Agricoltori, la bicicletta è pronta, ora basta pedalare (3 marzo)

Il governo ha varato un decreto per interventi urgenti nel settore agroalimentare.
Gli agricoltori italiani hanno ora a disposizione tutto ciò che gli occorre per sfidare il mercato. La modifica del codice civile ha esteso a dismisura il confine produttivo delle loro aziende con tanto di agevolazioni fiscali. L’identikit delle aziende è stato ridisegnato e la costituzione delle società agricole è stato incentivato. Il decreto sulle crisi di settore, recentemente riproposto dopo essere decaduto una prima volta, inserisce un paracadute importante su cui poter contare nei momenti di difficoltà. Infine, i tre decreti legislativi, approvati in questi giorni dal governo, sulle organizzazioni dei produttori e sugli accordi interprofessionali dovrebbero rendere più corta e trasparente la filiera e più certo il prezzo dei prodotti all’origine. Dunque, ricapitolando: i pedali, il sellino, il manubrio e le ruote, tutto nuovo e la bicicletta è pronta. Cosa altro manca alle nostre imprese agricole per cominciare a pedalare?

Finanza pubblica, anche la Parmalat funzionava così (14 ottobre)

Lo stato italiano è così povero che le nuove entrate previste dalla Finanziaria 2005 saranno raccolte anche per strada. Purtroppo, non è uno scherzo ma la cruda realtà. Il governo, infatti, intende vendere circa 1.500 chilometri di strade a una società, sempre controllata dalla mano pubblica, che le trasformerà in arterie a pagamento. In un primo momento sembrava che il pedaggio fosse messo a carico degli automobilisti. In seguito, travolto dalle polemiche, il governo ha precisato che si tratterà solo di «pedaggi ombra» senza aggravi per i cittadini. Ma se fosse così, chi pagherà gli interessi sui tre miliardi che lo Stato incasserà per questa finta vendita? Qui si entra nell’alta finanza. Il progetto sembra essere questo: lo Stato vende ad una sua società le strade e questa società, per pagare il corrispettivo, emette dei bond i cui interessi, alla fine, sempre dallo Stato dovranno essere pagati. In piccolo anche la Parmalat funzionava così.

Se scegliessero Strasburgo sarebbe un beneficio per l'Italia (24 giugno)

Alle elezioni europee, metà dei parlamentari italiani eletti risultano essere “incompatibili” con le cariche svolte.
Metà degli italiani eletti al parlamento europeo (39 su 78) sono “incompatibili” e dovranno scegliere, entro 30 giorni, se andare a Strasburgo o mantenere gli incarichi attuali. Il capo del governo e 4 ministri; 14 tra deputati e senatori; un presidente, 3 assessori e 3 consiglieri regionali: gli incompatibili “fisicamente” sono 26 ma, alcuni di loro, moltiplicandosi, sono stati eletti in più circoscrizioni. Tra questi anche 9 capi di partito. A differenza dei risultati elettorali, il pareggio qui è indiscutibile (13 a 13) tra centro-destra e centro-sinistra, con la differenza che 7 eletti del centro-sinistra hanno precedentemente dichiarato di preferire Strasburgo. Staremo a vedere. Noi saremmo felici se, almeno, il presidente del consiglio e i 4 ministri per il centro-destra, Bertinotti e gli altri segretari dei partiti minori (Pecoraro Scanio, Diliberto, Mastella) per il centro-sinistra, optassero per Strasburgo. L’Italia potrebbe trarne un grande beneficio.

Censura inutile, l'acqua del mare non si ferma con le mani (7 maggio)

Gli italiani che il 1° maggio hanno voluto seguire in Tv il consueto concerto di Piazza San Giovanni a Roma, organizzato dai sindacati lo hanno potuto farlo solo in differita, di circa venti minuti, voluta dal Cda della Rai, intenzionato a tagliare eventuali immagini o affermazioni sgradite. Ma sgradite a chi? Fa un certo effetto nei tempi di internet e della più capillare e immediata diffusione di immagini e notizie ritrovare il concerto del 1° maggio sottoposto alle cure preventive della censura. Fa ancora più effetto sapere di vivere in un paese dove c’è qualcuno convinto che la televisione debba trasmettere solo quello che vuole lui. L’unica consolazione è la consapevolezza della inutilità del gesto compiuto. L’informazione, e la satira che ne è cugina, non conosce barriere e il tentativo di fermare l’acqua del mare con le mani si ritorcerà inevitabilmente contro chi ci prova. Dunque, caro governo cercati una grande ciambella.

I grilli parlanti è meglio averli sempre in vacanza (25 marzo)

Qualche giorno fa, il «Sole 24 ore» ha ospitato con grande risalto un dotto articolo di Fiorella Kostoris Padoa Schioppa che, cifre alla mano, ha proposto la ricetta utile per rilanciare lo sviluppo in Italia. Dice la studiosa che se gli italiani rinunciassero a una settimana di ferie si potrebbe creare un valore aggiunto pari a circa 0,3 punti di Pil. La scoperta è sorprendente e attendiamo con ansia le prossime ricerche di questa economista. Siamo curiosi di sapere di quanto aumenterebbe il Pil se gli italiani rinunciassero completamente alle ferie e se lavorassero 60 ore alla settimana. Pur non avendo un centro studi alle spalle, anche noi ci permettiamo una proposta: una legge ad hoc per Fiorella Kostoris Padoa Schioppa perché possa andare in vacanza tutto l’anno. Con i problemi che gli italiani devono affrontare quotidianamente, tra licenziamenti, tagli alle pensioni e precariato, i grilli parlanti come lei preferiremmo averli sempre in vacanza.

Tabacco, scippata la produzione italiana (12 febbraio)

Dal 2004 il principio del disaccoppiamento degli aiuti dalla effettiva produzione colpirà il settore del tabacco, complice un opaco condizionamento mediatico che confonde lotta al tabagismo e produzione di tabacco. Decine di migliaia di posti di lavoro persi e milioni di euro di fatturato, persi dall'Italia a vantaggio di altri paesi.
Il ministro Alemanno ha iniziato da Berlino una serie di incontri con i partners europei per cercare alleati a difesa del tabacco italiano. E gliene siamo grati. Il primo incontro con la collega tedesca Knuast è però andato male; al termine dell’incontro «la ministra» ha ribadito la forte pressione dell’opinione pubblica tedesca contro il fumo. Contemporaneamente però la Germania si prepara a produrre 15 milioni di chili di sigarette in più con più posti di lavoro. I chili in più sono quelli che l’Eti produceva per conto della Philip Morris e che la multinazionale ha deciso di esportare in Germania con conseguente perdita di posti di lavoro in Italia. In questo caso non sembra che per «la ministra» tedesca ci siano contraddizioni. Infatti, i 15 milioni di chili di sigarette scippati all’Italia, saranno prodotti in Germania ma continueranno ad essere fumati dagli italiani. A queste condizioni l’opinione pubblica tedesca sembra disposta a chiudere un occhio.

Notizie dell'altro mondo (13 novembre)

Negli Usa a 530 bambine è stato dato nome Porsche, nota automobile. Potremmo definirle nate per inseguire, inseguire i 799 maschi chiamati Lexus, marchio di lusso della Toyota. Ci sono anche 603 bimbe innocenti chiamate Fanta e 208 bimbi chiamati McDonald. L’elenco prosegue e dimostra che la pubblicità martellante entra con tale violenza nella testa degli americani da sostituire l’onomastica religiosa e quella di derivazione patriarcale. Dall’altra parte del globo la scuola cinese chiude per mancanza di fondi: due, tre anni di insegnamento contro i nove previsti. Le autorità chiudono anche scuole definite illegali come quella di Xiuzhi, alla periferia ovest di Pechino, che accoglieva seimila bambini. In compenso gli studenti cinesi più ricchi studiano nei college degli Usa. È lì che si forma la nuova classe dirigente. E quando tanti bambini cinesi si chiameranno Chanel, Coca-Cola o Armani anche l’evoluzione cinese sarà finalmente completata.

Tasse, Tremonti e Berlusconi (10 ottobre)

Già da qualche settimana vedevamo il ministro dell’economia Giulio Tremonti sempre di cattivo umore. Molti addebitavano questo stato d’animo alle preoccupazioni per i conti del paese che non tornano, altri alla legge finanziaria da approvare, altri ancora alla riforma delle pensioni. Si sa, in questo periodo anche un acrobata come Tremonti può soffrire di vertigini. Finalmente domenica abbiamo scoperto la verità. In realtà il ministro non è di cattivo umore, più semplicemente è fortemente preoccupato. In televisione, infatti abbiamo visto il suo capo, il presidente Berlusconi, minacciarlo apertamente: «appenderò con un cappio Tremonti alla quercia più grossa del suo giardino se non ridurrà le tasse». Sarà la solita metafora o il solito ragionamento sul filo del paradosso al quale ci ha abituato il presidente del consiglio, ma per il povero ministro non deve essere stato molto divertente conoscere il destino che forse lo aspetta.

Bossi, la Lega e gli sbarchi dei clandestini (3 luglio)

Negli ultimi giorni il ministro/segretario Umberto Bossi e molti parlamentari della Lega Nord hanno spiegato la loro opinione su come risolvere il problema degli sbarchi dei clandestini sulle coste del nostro paese. Dalle cannonate agli speronamenti, le opportunità di intervento sono veramente numerose. Costoro hanno anche spiegato agli italiani i buoni rapporti che esistono nella maggioranza con il ministro degli interni Giuseppe Pisanu, il quale è stato trattato come un incapace, in malafede, e al quale è stato augurato «il peggio». Abbiamo anche scoperto, sempre dal colorito linguaggio leghista, che il presidente della camera Pierferdinando Casini e, sotto sotto, anche la Chiesa sarebbero dei «complici oggettivi» degli scafisti. In questo continuo e violento crescendo leghista non ci stupisce che Umberto Bossi abbia pubblicamente dichiarato che «la Lega sta con un pugno nel palazzo e con due piedi fuori». Ci chiediamo dove sia la testa.

Articolo 18, libertà di voto a sinistra (8 maggio)

I Democratici di Sinistra continuano ad interrogarsi sulla posizione da assumere per il referendum sull’art.18 dello statuto dei lavoratori. Una delle ipotesi è quella di lasciare «libertà di voto» ai propri sostenitori. C’è di che sbalordire! La libertà di voto nel nostro paese è garantita dalla Costituzione e non c’è bisogno del deliberato di qualche partito per confermarla. Ai partiti spetta invece il compito di dare indicazioni chiare e puntuali che evidentemente i Ds non sono in grado di assumere: per le loro divisioni interne, per mancanza di coraggio e di coerenza, per avere fiancheggiato l’anno scorso senza crederci la campagna di Cofferati sui diritti inalienabili. C’è tempo per recuperare e per superare quello che sembra essere, ogni giorno di più, uno stato confusionale. Ci auguriamo quindi qualche colpo d’ala e delle scelte coraggiose, se non sarà così qualcuno rischia di scomparire dall’agone politico per manifesta inutilità.

Autorità alimentare europea: Parma sconfitta da Helsinki (27 marzo)

La notizia dello sdoppiamento dell’Authority alimentare tra Helsinki e Parma lascia l’amaro in bocca e solleva molte perplessità sull’autorevolezza del governo. Molti ricorderanno la grinta e la sicurezza con la quale il presidente del consiglio sostenne la candidatura di Parma. Il risultato non è adeguato alle attese e risulta quasi offensivo per il nostro paese. Anche perché, a ben vedere, il controllo sulla sicurezza alimentare sarà affidato integralmente ad Helsinki perché è difficile immaginare che tale ruolo potesse in qualche modo essere ripartito. Di fatto Parma sarà una sede secondaria che si occuperà del controllo di origine dei prodotti agricoli e della promozione della cultura gastronomica europea. Si tratta di una scelta che implicitamente riconosce all’Italia e a Parma un ruolo essenziale per la diffusione nel mondo della qualità e della trasparenza. Ma francamente ci sembra un po’ poco. Insomma, ad Helsinki la torta, a noi le ciliegine.

Epifani e i no-global di Porto Alegre (14 febbraio)

Il quotidiano di informazione «La Repubblica» ha riportato qualche giorno fa la cronaca della performance di Guglielmo Epifani, volato a Porto Allegre (Brasile) per dialogare con i no-global. A chi dichiarava di voler «praticare anche forme di illegalità di massa» nel caso in cui l’Italia entrasse in guerra, il segretario generale della Cgil ha ricordato che ci pensa già il governo a violare e a tradire la Costituzione partecipando al conflitto militare. Epifani ha quindi criticato con benevolenza, raccontano le cronache, chi esplicitamente dichiarava di voler entrare nelle basi militari per bloccarle, sottolineando «l’uso seppur parziale e simbolico della violenza». D’altra parte, come dare torto ai fautori dell’illegalità? Se lo stesso segretario generale della Cgil dichiara che il governo fa carta straccia della nostra Costituzione, tutte le risposte, nessuna esclusa, possono diventare legittime. È questa la nuova frontiera della sinistra?

Qualità dell'agroalimentare, una lezione culturale e politica per il paese (21 novembre)

Il salone del gusto di Torino è divenuto ormai un appuntamento di massa e di gran successo dal quale si può trarre anche una lezione culturale e politica. La ricerca degli italiani (e non solo degli italiani), del mangiare e del bere bene, la riscoperta dei tanti prodotti tipici, stanno diventando ormai un fenomeno di massa che dimostra come il conflitto tra qualità e massificazione non sia obbligatorio. La riscoperta dei prodotti tipici, la voglia di conoscere quello che si mangia e si beve, la ricerca della storia di un prodotto o di una ricetta, la trasparenza delle etichette dimostrano che per molti la qualità è il solo contenuto in grado di fare la differenza e gli italiani (e non solo) cominciano a pensare che la rinuncia alla qualità voglia dire anche rinuncia alla propria identità. Se si riuscirà a trasmettere questa ricerca della qualità anche ad altri settori forse potremo avere un’altra televisione e forse anche un’altra politica.

Patto per l'Italia, un ottimo accordo (3 ottobre)

Il patto per l’Italia è stato definito in vario modo. Qualcuno l’ha chiamato «patto scellerato» anche se non lede alcun diritto; altri, in vena di mediazioni riformiste non richieste, lo hanno definito «un accordicchio» piccolo, insignificante, quasi inutile. Durante l’estate, man mano che diventava più evidente la crisi economica, gli oneri di quell’accordicchio erano diventati così pesanti che, dicevano i soliti critici, «il governo non li rispetterà». Questa preoccupazione per qualcuno era una speranza; illustri editorialisti di giornali come Repubblica chiedevano a gran voce «un rigore virtuoso» sulle pensioni e la cancellazione della riduzione dell’Irpef. Ora che la finanziaria ha recepito la riduzione dell’Irpef e l’incremento dell’indennità di disoccupazione e non ha toccato pensioni e spesa sociale, siamo un po’ preoccupati. Non vorremmo che qualcuno di questi signori cominciasse a dire che abbiamo fatto un ottimo accordo.

Fame nel mondo, paesi poveri e spese folli (21 giugno)

Al vertice della Fao si è molto discusso su come affrontare le tragedie della fame nel mondo. Risultati concreti pochi ma la consapevolezza che nel mondo ogni 4 secondi una persona muore per mancanza di cibo e 815 milioni soffrono la fame ha conquistato le prime pagine dei giornali nel mondo e forse anche qualche coscienza in più. Sembra però che mentre la Fao chiede sacrifici ai popoli più fortunati, le delegazioni africane non abbiano badato a spese in questa trasferta romana. Le delegazioni del Ghana e del Congo, paesi nei quali quasi un terzo della popolazione è malnutrita, hanno requisito tre piani dell’hotel Majestic in via Veneto, uno degli alberghi più lussuosi della capitale. Il presidente del Congo Denis Sassou Ngnesso ha dormito nella suite presidenziale (oltre 3.500 euro). I commercianti e i ristoratori parlano di spese folli e di feste grandiose. La fame vista dalla suite di un grande albergo deve fare tutto un altro effetto.

Articolo 18, il governo forse ci ripensa (16 maggio)

Le possibilità che il presidente del consiglio, dando ragione alle ragioni del sindacato e alla protesta di milioni di lavoratori, decida di lasciare cadere le modifiche all’articolo 18 dello statuto dei lavoratori sono, da qualche giorno, aumentate in maniera considerevole. Non solo per la partecipazione massiccia dei lavoratori agli scioperi e alla manifestazione ma anche perché il presidente del consiglio ha finalmente potuto toccare con mano la validità delle tutele che il sindacato difende. Infatti, nella sua città, Milano, una ditta metalmeccanica aveva licenziato un lavoratore il quale, con l’aiuto del sindacato e grazie all’esistenza dell’art. 18 ha potuto portare in giudizio l’azienda, vincere la causa ed essere quindi reintegrato d’urgenza nel suo posto di lavoro. E quale è la novità direte voi? Che il lavoratore licenziato senza giusta causa e poi riassunto è un consigliere comunale di Forza Italia, il partito creato dal «cavaliere» di Arcore.

Le camaleontiche trasformazioni del “presidente operaio” (11 aprile)

Pensavamo che le camaleontiche trasformazioni del presidente del consiglio sarebbero terminate con la fine della campagna elettorale. Presidente operaio, presidente imprenditore, commerciante, coltivatore…. E poi, invece, anche ministro degli esteri: pensavamo che con il voto queste diverse identità fossero destinate a scomparire. Lo scambio di personalità al contrario prosegue e si fa di giorno in giorno più inquietante. Qual è il vero presidente del consiglio: l’europeista che rassicura Ciampi sulla politica estera italiana o l’amico di Bossi che al congresso della Lega si mette il fazzoletto verde al collo dopo che l’Europa è stata dipinta, dal leader leghista, come un super-stato fascista? E ancora è lo stesso presidente del consiglio quello che una sera vede nell’omicidio di Biagi il frutto dell’odio del sindacato che agita la piazza e la sera dopo invita Cgil, Cisl e Uil al dialogo? Presidente dica qualcosa ma… non la cambi il giorno dopo.

Maroni e il lavoro di quantità (31 gennaio)

Il ministro Maroni ha le idee chiare: «l’Italia deve puntare al lavoro di quantità e non a quello di qualità» ha spiegato ai suoi colleghi europei. Pensa, il ministro, che abbassando salari e tutele possa crescere l’occupazione. Purtroppo, l’operazione non è così semplice. Abbassando salari e tutele diminuisce la professionalità, aumenta il lavoro precario e la povertà complessiva di questo paese. Le nostre proposte vanno in senso opposto: per l’Italia solo lavoro di qualità. L’occupazione deve crescere conquistando quote sempre più ampie di consumatori ai prodotti italiani dal forte valore aggiunto che garantiscano salari alti e buona occupazione. Però un passo verso il ministro lo vogliamo fare. Il governo vorrebbe sperimentare innovazioni sull’art. 18 dello statuto dei lavoratori che a noi non piacciono. In alternativa potremmo iniziare ad approfondire le proposte di Maroni sul lavoro di quantità. Se ci garantisce due ministri al prezzo di uno cominciamo da lui.

Guidi e il lume della ragione (22 novembre)

Guidalberto Guidi, responsabile di confindustria per le relazioni industriali, ha le idee confuse sull’effetto che avranno le modifiche all’art. 18 dello statuto dei lavoratori, di fatto tese a facilitare i licenziamenti. In una intervista ha sostenuto infatti che «l’intervento sull’art. 18 è limitato» e che Confindustria aveva avanzato proposte tese ad applicare la nuova normativa a tutti i nuovi assunti e a tutte le nuove aziende «affinché la sperimentazione fosse davvero significativa». Subito dopo al giornalista che gli chiede quale sarà la platea dei lavoratori interessati a questa nuova disciplina risponde: «almeno il 50% degli attuali occupati». Ora: o il 50% degli occupati non è per Guidi un campione significativo sul quale le aziende potranno sperimentare i benefici effetti della nuova normativa raddoppiando o triplicando le assunzioni oppure il lume della ragione è ormai perso. Noi, ci scusi il dott. Guidi, propendiamo per questa seconda ipotesi.

La Cgil, Maroni e la contrattazione in agricoltura (25 ottobre)

Circolano su internet, a cura di dirigenti Cgil e non solo, improbabili accostamenti tra la proposta di riforma contrattuale contenuta nel libro bianco di Maroni e il sistema negoziale del settore agricolo. Lo studio dei sistemi contrattuali è materia complessa e bisogna sapere che oro e ottone forse luccicano alla stessa maniera ma uguali non sono. L’attenzione di studiosi, più o meno attendibili, al nostro sistema contrattuale è per noi fonte di orgoglio; però prima di esprimere dei giudizi bisognerebbe dar prova di capacità matematiche. Non serve saper contare fino a 90, tanti sono i contratti provinciali rinnovati nell’ultima tornata, e neanche fino a 10, tanti sono i salari di qualifica mediamente contrattati in ogni provincia; ci accontentiamo che questi studiosi sappiano contare almeno fino a 2. Due sono infatti i livelli di contrattazione obbligatori definiti dal nostro sistema negoziale. Uno nazionale e uno provinciale. Chi può far meglio si accomodi.

La casa delle libertà e l'immigrazione clandestina (19 luglio)

Non ci sembra giusto ironizzare sulle disgrazie degli extra-comunitari, soprattutto di quelli clandestini. Proprio per questo chiediamo un po’ di ordine e di chiarezza, non a loro, ma alla Casa delle libertà. Vorremmo infatti sapere dal centro destra: 1) chi tra An e Lega può vantarsi di aver formulato per primo la proposta di considerare come un reato l’immigrazione clandestina; 2) chi rappresenta la linea della Cdl su questo tema: Paglierini (Lega), secondo il quale «i clandestini vanno messi in galera di quelle dure»; Frattini e Landi (Forza Italia e An) che hanno annunciato la possibilità di un’ennesima sanatoria; Follini che afferma, con comprensibile sdegno, «quelle di Paglierini sono parole grette». Tra pene strampalate e atti di buonismo ci sembra che la confusione regni sovrana. Eppure, chi arriva di nascosto nel nostro paese avrà ben diritto di sapere se verrà arrestato o se gli verrà riconosciuto il diritto alla cittadinanza italiana?

Bassanini-forestali, in 5 minuti un decreto che nessuno voleva (23 giugno)

Con le valigie sulla porta e la luce da spegnere, il ministro Bassanini ha voluto dedicare gli ultimi cinque minuti della sua legislatura al corpo forestale dello Stato. Lì su due piedi con i nuovi inquilini che spingevano, ha voluto firmare un decreto che pone a carico delle regioni gli operai forestali dipendenti del Mipa. Per tutta la legislatura questo provvedimento era stato osteggiato da parlamento, maggioranza delle regioni e sindacato ma il ministro l’ha voluto imporre lo stesso, contro tutto e tutti. Il nuovo governo ha già dichiarato che azzererà il provvedimento ripristinando la precedente situazione. A Bassanini non è bastato perdere le elezioni per comprendere che certe scelte si maturano con il consenso e non con i colpi di mano. In un vero e proprio delirio di onnipotenza l’ex-ministro ha imposto le sue decisioni con una ostinazione maniacale sufficiente ad alienarsi altre simpatie e consentire al nuovo governo la prima bella figura.

Ministro Salvi, l'arroganza al potere (12 maggio)

Il governo approva i tre decreti sulla legge di orientamento in agricoltura ma il ministro del lavoro, in zona Cesarini, cancella l’equiparazione dei lavoratori della pesca con i braccianti agricoli. Dunque, gli armatori sono equiparati agli imprenditori agricoli ma i dipendenti no. Ci piacerebbe sapere perché e con quale diritto il ministro del lavoro elimina una norma già concordata con il governo e riconfermata sia dalla conferenza stato-regioni che dalle commissioni agricoltura di camera e senato. Il ministro, che non ha partecipato a nessuno degli incontri svolti dal tavolo agro-alimentare e si è sempre rifiutato di aprire un confronto con sindacato e imprese sui temi della previdenza in agricoltura, ha ritenuto opportuno, contro il parere di tutti, di cancellare una norma fortemente attesa. L’arroganza del potere è stata esercitata ancora una volta. Ne prendiamo atto augurandoci di non dover più incontrare Cesare Salvi come ministro del lavoro.

Bossi vi spezzerà in due (15 marzo)

Umberto Bossi annuncia che «spezzerà in due» Amato, Veltroni e D’Alema, colpevoli di falso federalismo, e subito dopo definisce «nazisti rossi» i politici e i mass-media europei colpevoli di nutrire qualche perplessità nei confronti della tenuta democratica della Lega. Il risultato è quello di incrementare preoccupazioni e timori sui suoi futuri comportamenti da uomo di governo. Noi saremmo invece tentati di inserire queste ennesime sparate tra le tante dichiarazioni colorite del «senatur» che non fanno bene alla autorevolezza e alla credibilità del nostro paese in Europa ma hanno anche il pregio di non lasciare grande traccia di sé. Al capo della Lega vogliamo comunque ricordare che il terribile pugile russo Ivan Drago che sfidava sul ring Rocky Balboa, alias Silvester Stallone, minacciandolo con quella frase che divenne poi il noto tormentone, di cazzotti ne diede certamente tanti, ma finì lui al tappeto «spezzato in due».

La “mucca pazza” e la bistecca “Fiorentina” (15 febbraio)

Dal menù degli italiani dovrà sparire la fiorentina. Solo dal 31 marzo però, prima evidentemente non è pericolosa per i consumatori. In compenso potremo mangiare bistecche con l’osso importate da Austria, Finlandia e Svezia perché fino a oggi, ai controlli effettuati in quei paesi, gli animali risultano esenti da Bse. Inoltre, l’Inghilterra e Portogallo, che sono i due paesi più colpiti dalla Bse, potranno continuare a somministrare ai loro cittadini bistecche con l’osso. Queste le ultimissime dall’Europa su «mucca pazza». Che dire in proposito? Che la realtà spesso supera la fantascienza e raggiunge il grottesco. Ci viene in mente quello che negli ultimi quindici giorni continuava a ripetere il ministro della sanità: «per la fiorentina ci atterremo alle decisioni di Bruxelles» dichiarava ai quattro venti. Ora l’avrà capito che la salute dei consumatori a Bruxelles è un optional nelle mani delle lobbies economiche?

Lombardia, la Regione diserta la Scala che celebra Verdi (20 dicembre)

La regione Lombardia ha disertato la prima della Scala dedicata alle celebrazioni verdiane.
Motivo: la presenza di troppi ministri del governo nazionale. In effetti 8 ministri sono tanti ma ci sembra improponibile una protesta del genere in occasione dei festeggiamenti per Verdi, un grande italiano, un gigante della musica e un patriota. Sono queste occasioni in cui il senso di appartenenza di un popolo andrebbe cementato e le polemiche messe da parte. Ci sembra difficile pensare per esempio che in Inghilterra l’opposizione non partecipi alle celebrazioni shakespeariane per ritorsione contro Blair. Ma a questo ci ha portato il progressivo svilimento della campagna elettorale. Non ci resta che prenderne atto e segnalare un analogo episodio avvenuto sempre alla Scala, 150 anni fa. Anche allora in occasione di una prima verdiana venne contestato un governo. Ma era quello austriaco invasore, non quello italiano legittimo.

Lazio, il centrodestra controlla la “correttezza” dei libri di storia (16 novembre)

La giunta di centrodestra del Lazio ha lanciato un segnale forte della sua esistenza decidendo di istituire una commissione di controllo sulla «correttezza» dei libri di storia nelle scuole. Tra tante dichiarazioni, come quella di Veltroni: «Manifesta una volontà di regime» e la preoccupazione, più seria, che le discriminazioni razziali e l’ostilità verso la cultura in genere riportino nel paese odio e violenze, noi abbiamo scelto quella di Romano La Russa, capogruppo An alla Regione Lazio che dice: «finalmente in Italia si cerca di eliminare le scorie di 50 anni di egemonia marxista». Non sappiamo su quali testi egli abbia studiato ma un consiglio possiamo darglielo: compri un libro qualsiasi di storia e lo legga in fretta. Scoprirà l’esistenza di un paese e di una scuola laica, liberale, democratica e cattolica, tanto libero da consentire anche a personaggi improbabili come lui di raccontare la loro storia d’Italia.

Finanziaria, se 40mila miliardi vi sembran pochi… (5 ottobre)

Sergio D’Antoni ha bocciato senza appello e con un bel «quattro» la Finanziaria proposta dal governo Amato. Sono troppo pochi, a suo giudizio, i 3.800 miliardi di lire stanziati per fronteggiare la crisi energetica e sono poche le risorse destinate al Meridione. Certamente è questione di opinioni diverse, di cui è lecito discutere a patto però che non si perdano d’occhio gli oltre 40 mila miliardi restituiti dalla finanziaria ai lavoratori, ai pensionati e alle imprese che assumeranno nuova manodopera. Anche noi avremmo forse preferito una diversa ripartizione delle risorse ma da qui a bocciare senza appello una legge finanziaria che per la prima volta dà invece che prendere, il passo ci sembra veramente troppo lungo. Il dubbio che a noi rimane è però un altro: che voto ha dato in cuor suo D’Antoni alle leggi finanziarie degli anni precedenti che, magari «obtorto collo», ha finito sempre per condividere?

L’Italia brucia e i Verdi se la prendono con i lavoratori forestali (20 luglio)

L’Italia è in fiamme e la portavoce dei verdi, Grazia Francescato, non trova di meglio che darne la colpa agli operai forestali. La comprendiamo. È più comodo prendersela con qualche operaio agricolo che affrontare il problema di tre ministeri (agricoltura, ambiente e interni) che si ripartiscono le competenze tra contraddizioni e ritardi. Meglio indicare i forestali come colpevoli piuttosto che parlare degli enti locali che si litigano il diritto di spendere i soldi per la vigilanza e lo spegnimento degli incendi. La signora Francescato forse non sa che gli altri paesi europei hanno un numero di incendi superiore al nostro ma riescono a spegnerli prima perché la loro «macchina antincendio» è migliore. Infine, per evitare riflessioni pericolose a un esponente verde, come quella che per tutelare i boschi bisogna consentirne la manutenzione, più che sbattere il mostro in prima pagina, converrebbe stare zitti.

Infrastrutture mancanti e promesse non mantenute sulla semplificazione (15 giugno)

Se negli ultimi sette anni l’Italia avesse investito in grandi infrastrutture quanto Francia, Gran Bretagna e Spagna, oggi avremmo realizzato 16 ponti sullo stretto, 21 varianti di valico, 19 Salerno-Reggio Calabria e 4 sistemi di alta velocità ferroviaria. Un po’ troppi per noi, ma almeno uno di ognuno ci avrebbe fatto comodo. Non ci siamo riusciti, anzi non ci abbiamo neanche provato e, in infrastrutture, siamo in penultima posizione in Europa, dopo la Grecia. Il neo-presidente della Confindustria D’Amato ha individuato subito colpe e colpevoli: «l’assenza di flessibilità dovuta al conservatorismo sindacale». Il presidente del consiglio è stato altrettanto esplicito: «o il centro-sinistra mi sceglie come Premier per le prossime politiche o si blocca tutto». In compenso il ministro Nerio Nesi ha le idee chiare: vuole realizzare una grande opera per regione. Massimo D’Alema ha respinto infastidito ogni accusa: «strade, ferrovie, aeroporti?... Io vado a vela».
Silenzio da parte del ministro Bassanini. Sembra che un nuovo regolamento, autorizzato per eliminare quelli precedenti, impedisca al responsabile della semplificazione burocratica di esprimere qualsiasi opinione e assumere qualsiasi iniziativa. E Berlusconi? Sorride beato pensando ai milioni di italiani intrappolati anche quest’anno sulla Bologna-Firenze o intorno a Cosenza che, delusi da tante promesse non mantenute, voteranno per lui la prossima volta.

Perdere la guerra “per colpa del nemico” (12 maggio)

La maggioranza, laboriosamente e volenterosamente messa insieme da Amato al momento di votare in parlamento la fiducia al suo governo, è venuta clamorosamente meno - a distanza di pochi giorni e proprio al senato, dove i numeri più dovrebbero confortarla - quando s’è trattato di convertire il decreto sul rinvio del «sanitometro» e di approvare il disegno di legge per la «ripulitura d’urgenza» delle liste elettorali. Non è questa la sede per ragionare dell’intrinseca importanza di quei provvedimenti e delle conseguenze politiche della loro bocciatura. I leaders della maggioranza - dopo le rituali lamentazioni sui senatori del vicino, sempre più assenti dei propri - come un sol uomo hanno riconosciuto nei banchi dell’opposizione i responsabili di questo primo e duplice naufragio governativo. Chi si oppone «a prescindere» non suscita grandi simpatie ma simpaticissimi nemmeno sono i lamenti di quanti si dolgono di aver perso la guerra «per colpa del nemico».

La speranza di non vederli più tornare (7 aprile)

In occasione delle imminenti elezioni regionali, Forza Italia utilizza per la campagna elettorale “Azzurra” la nave della libertà.
Sono partiti. Il veliero di Emma Bonino e Marco Pannella, la flotta berlusconiana, il barcone rifondarolo, il gozzo a remi di Mastella. È atteso anche Mario Segni, esperto uomo di mare.
Quella che dai più sprovveduti è stata scambiata per una fuga in massa dal Bel Paese, è nelle dichiarazioni dei diretti interessati un giro turistico con mamme al seguito per parlare di politica con gli italiani. Qui sulla terra ferma i problemi sono quelli di sempre: la giustizia che non funziona, la burocrazia che tutto rallenta, lo sviluppo che non riparte, l’occupazione che non cresce.
I bollettini che arrivano dai naviganti non propongono però soluzioni alle annose questioni, parlano piuttosto di vento forte, influenze e infortuni. Noi non possiamo che unirci alla speranza che serpeggiava tra il folto popolo festante che ha seguito la partenza dei vari navigli: quella di non vederli più tornare!

Pavarotti e i debiti dei paesi poveri cancellati con i soldi degli altri (3 marzo)

Come è nobile cancellare i debiti dei paesi più poveri del pianeta con i soldi degli altri. Si compie certamente un’opera buona, si fa una discreta figura di fronte a 16 milioni di telespettatori e, soprattutto, non si sborsa una lira di tasca propria. C’è anche questa morale dietro l’appello che Fabio Fazio e Luciano Pavarotti hanno lanciato, con successo, sin dalla prima serata del festival di Sanremo e che Jovanotti e D’Alema hanno subito dopo fatto proprio. La morale va applicata al celebre tenore, cittadino italiano a tutti gli effetti eccezion fatta per il domicilio fiscale spostato nel paradiso di Montecarlo. I seimila miliardi di debiti che il governo italiano si accinge a tagliare ai paesi più poveri, non scompariranno per incanto ma saranno posti a carico dei contribuenti italiani.
Ognuno di noi, dunque, pagherà (e molto volentieri) una parte di questo debito, tutti tranne il buon Pavarotti che predica bene ma razzola male.

Con il Referendum dei Radicali, 10.000 licenziamenti in più (27 gennaio)

Nel maggio del 2000 si svolgeranno 7 referendum, proposti dal Partito radicale, uno dei quali riguardava l’abrogazione delle norme sul reintegro in caso di licenziamento. Su nessuno dei quesiti referendari fu raggiunto il quorum.
L’Istituto Ares 2000 ha formulato recentemente alcune previsioni sugli effetti derivanti dalla (improbabile) vittoria dei dieci quesiti referendari sul sociale. Il nuovo patto sociale tra stato e cittadini di Marco Pannella e Emma Bonino produrrà ogni anno 10 mila licenziamenti in più; 50 mila posti di lavoro saranno cancellati; 1,4 milioni di lavoratori a termine perderanno 5 mila miliardi di retribuzione (che andranno nelle tasche di chi?); in compenso 20-30 mila lavoratori sceglieranno di andare subito in pensione di anzianità. Secondo la Bonino «la classe operaia oggi non è la categoria debole del paese» e i referendum sono stati proposti nell’interesse dei giovani e dei disoccupati. Per quanto ci riguarda difenderemo in tutti i modi questi lavoratori «forti» in procinto di perdere posto di lavoro e reddito ma se alla fine qualcuno avrà bisogno di un pasto caldo o di un tetto sotto il quale riposare ci auguriamo che le cucine e le stanze da letto di Pannella e Bonino siano sufficientemente fornite e comode.

Lavoro, siamo ancora in tempo per invertire la rotta (18 dicembre)

La flotta europea e con essa la navicella italiana punta ormai da parecchi mesi, relativamente alle politiche del lavoro, verso ovest. Il sogno americano di uno sviluppo perenne, senza disoccupati né inflazione, ha contagiato quasi tutti i leaders europei e in primo luogo quelli italiani. Flessibilità, precarietà, tagli e riduzioni del welfare sono i composti magici della ricetta per la ricchezza che tutti tentano di somministrarci. Prima di procedere a vele spiegate e disordinatamente verso ovest sarebbe più utile leggere qualche statistica per capire cosa pensano i cittadini americani del loro «sogno d’oro». Si scoprirebbe che il lavoratore medio americano è molto scontento e a Seattle lo ha espresso con una certa virulenza; infatti, gode dello stesso reddito annuo di 10 anni fa pur lavorando 6 giorni in più. Inoltre, mentre il 5% della popolazione americana più ricca, che non era a Seattle, ha fatto ancora più soldi, il 60% più povero, ha ulteriormente peggiorato il suo tenore di vita.
Siamo ancora in tempo per invertire la rotta.

Giusto processo, il tribunale di Roma issa bandiera bianca (27 novembre)

L’11 novembre scorso i quotidiani hanno annunciato l’approvazione della legge costituzionale sul giusto processo, con massicci contorni di interviste, opinioni, polemiche. Mentre il Guardasigilli e il presidente del consiglio, i leaders di opposizione e maggioranza convenivano in sede costituente sul ruolo dei pentiti e sul riscontro delle loro dichiarazioni, sui poteri delle procure e sui diritti della difesa, uno dei più importanti tribunali della Repubblica, quello di Roma, alzava bandiera bianca cancellando 35.000 processi per reati minori per accertata impossibilità di celebrarli prima della prescrizione. 35.000 cittadini che hanno speso tempo e denaro credendo nella giustizia sono stati beffati. Ci si chiede se sia questo il miglior modo di organizzare e di amministrare la giustizia e, soprattutto, se e quanto anni di polemiche politiche e di arroccamenti corporativi attorno ai massimi sistemi del processo abbiano distratto chi di dovere dalle vere necessità dei cittadini che ai tribunali si rivolgono o nei tribunali capitano.

Comunismo e libertà, la sinistra trovi pace al suo interno (30 ottobre)

Valter Veltroni dichiara che “comunismo e libertà sono stati incompatibili” e scatena un uragano di favorevoli e contrari. Non basta l’apprezzamento per un leader che sta riscrivendo la carta di identità della sinistra, né si può liquidare il suo sforzo sincero e coraggioso con la battuta: “per sapere se comunismo e libertà avevano qualche parentela bastava chiederlo ai deportati nei gulag”.
Apprezziamo la lettura tardiva ma corretta della storia del comunismo; apprezziamo meno che tra le culture utili per la nuova sinistra italiana, il segretario DS annoveri quella di Gobetti e di Don Milani e nulla dica di quella socialista e riformista. Gli anatemi contro il social-fascismo di Nenni, l’antisocialismo di Berlinguer e gli scontri con Craxi su scala mobile ed euro-missili fanno parte della storia dello stesso partito. Non possono essere taciuti né rimossi, vanno invece metabolizzati e assunti come errori. Solo in questo modo la sinistra italiana potrà trovare pace al suo interno e ricostituirsi in un unico fecondo filone.

Socialismo applicato alla lotteria: immaginazione al potere (30 settembre)

Il governo ha imposto per decreto un tetto alle vincite del Superenalotto, redistribuendo quanto ne eccede dai più ai meno fortunati. E delle tante risposte che attendiamo dall’Esecutivo, questa era forse quella di cui se ne sentiva meno bisogno. Chi sperava in una distribuzione più equa dello sviluppo e quindi dell’occupazione, o una previdenza e una assistenza più giusta, dovrà quindi attendere ancora. Altri, su meno appassionanti orizzonti, hanno tentato in più oscuri tempi analoghe redistribuzioni: della terra, delle ricchezze, dei mezzi di produzione. Con alterno successo, essendosi affidati, a seconda della situazione, ora alla rivoluzione, ora al gradualismo riformista, ora alle vie parlamentari, ora al colpo di mano. Nessuno aveva finora pensato alla fortuna come motore di eguaglianza, alla sorte come rimedio alla ineguale ripartizione dei beni e delle opportunità.
In Italia, primi fra gli altri popoli, abbiamo oggi il socialismo applicato alla lotteria e, se non la sinistra, l’immaginazione finalmente al potere.

Elezioni a Bologna e pensione di anzianità (15 luglio)

L’Abacus ha svolto, per conto dei DS, una indagine sui flussi elettorali che si sono verificati nella città di Bologna tra il primo e il secondo turno delle elezioni amministrative, scoprendo che ben 11.000 cittadini che avevano votato il partito di Veltroni al primo turno, si sono astenuti al secondo. Tale astensionismo è risultato determinante per la vittoria del candidato di centro destra, Giorgio Guazzaloca, ottenuta per una differenza di circa tremila voti. Se la ricerca fosse stata più approfondita, Abacus avrebbe potuto scoprire che, prima di andare al mare, gli 11.000 elettori erano andati in pensione... di anzianità ovviamente.